Ben venga il Ministero dell’agroalimentare, una novità positiva

    Ben venga il Ministero dell'agroalimentare, una novità positivaarticolo20160204Ben venga il Ministero dell'agroalimentare, una novità positivaMIPAAF

    Il 13 gennaio scorso Matteo Renzi ha annunciato il cambio di nome dell'attuale
    «Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali», che diventa «Ministero dell'agroalimentare». La decisione è anche conseguenza della riforma Madia sulla semplificazione della Pubblica amministrazione e del già deciso assorbimento del Corpo forestale dello Stato nell'Arma dei Carabinieri. Ma l'uso unificante del termine «agroalimentare» e l'abbandono del riferimento riduttivo alle politiche sancisce un percorso di modernizzazione culturale e istituzionale che va accolto con favore.
    Sul fronte strettamente produttivo in Italia l'agroalimentare vale circa il 4% del pii (2,2%, l'agricoltura e 1,7% l'industria alimentare), però contribuisce per il 9% alle esportazioni totali. Considerando l'intera filiera dal campo alla tavola, il peso dell'agroalimentare sul pii sale al 17%, ma al di là dei numeri l'agroalimentare «pesa» molto più della somma delle sue parti. Dal lato della domanda, infatti, il comparto food è di importanza centrale per i consumatori e i cittadini e, dal lato dell'offerta, il suo modo di essere e organizzarsi ha importanti effetti cumulativi sul fronte economico, territoriale, ambientale, sanitario.

    UN APPROCCIO DI SISTEMA
    Tra gli economisti l'idea di ragionare in termini di sistema agroalimentare piuttosto che di agricoltura o di industria alimentare in senso stretto è acquisita da tempo. Un tale approccio, certamente utile per l'analisi economica, lo è tanto di più per disegnare e gestire le relative politiche, che non possono non rivolgersi all'intera filiera come a un tutt'uno. Più in generale, sezionare l'economia in settori o comparti è in larga misura superato. Oggi, infatti, più che di settori (agricoltura, industria, servizi ...), si parla di filiere (agroalimentare, aerospazio . . . automotive ...) o, riferendosi a prodotti specifici, di «catene del valore». E di tali catene (specie nelle
    global value chains a livello internazionale) non ha molto senso isolare gli andamenti delle singole componenti, se non nel contesto della performance complessiva della catena stessa e rispetto al ruolo che esse giocano al suo interno. E anche ev1dente che l'importanza e il ruolo di un determinato segmento nella filiera o nella catena del valore - la fase agricola, la trasformazione, la logistica - possono variare molto a seconda delle questioniche si affrontano (l'import-export, la formazione dei prezzi, la qualità, l'origine...).
    La fecondità di un approccio basato sull'agroalimentare è stata evidente in occasione di Expo, dove il nostro Paese ha egregiamente sfruttato l'opportunità di presentare il made in ltaly in un contesto in cui si parlava di cibo in modo unitario, più che come somma dei pezzi di economia e di società che stanno dietro al cibo.

    NUOVE COMPETENZE
    Nel tradurre tale approccio in azione politicoistituzionale, sarà forse necessario rivisitare le competenze del nuovo Ministero insieme ai tanti attori coinvolti (altri ministeri, enti locali, agenzie pubbliche, rappresentanze degli interessi): non sarà facile, ma agendo con equilibrio e riconducendo le possibili resistenze a una dialettica costruttiva, si dimostrerà che il Ministero per l'agroalimentare italiano può essere un gioco a somma positiva. Ben venga, dunque, la modifica del nome di un
    Ministero che in un passato non lontanissimo sembrava irrilevante o persino dannoso-di cui addirittura si votò l'abrogazione -la cui importanza strategica, invece, oggi appare indiscussa. Infine, insieme alla cornice istituzionale, bisognerà rinnovare il contenuto, elaborando una politica nazionale con cui aiutare il sistema agroalimentare italiano a confermare la centralità acquisita nella nostra economia e a rafforzare la collocazione del made in ltaly nel commercio agroalimentare mondiale. Il nuovo Ministero-con il carattere «sistemico» che il suo nuovo nome giustamente rivendica-potrà mostrare nei fatti di essere il luogo e il crocevia di questa elaborazione.

    Fonte: Fabrizio De Filippis
    Università Roma Tre

    PUBLIC2.0a.deamicis2016020416460820160210180458


    Ben venga il Ministero dell’agroalimentare, una novità positivaarticolo20160204Ben venga il Ministero dell’agroalimentare, una novità positivaMIPAAF

    Il 13 gennaio scorso Matteo Renzi ha annunciato il cambio di nome dell'attuale
    «Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali», che diventa «Ministero dell'agroalimentare». La decisione è anche conseguenza della riforma Madia sulla semplificazione della Pubblica amministrazione e del già deciso assorbimento del Corpo forestale dello Stato nell'Arma dei Carabinieri. Ma l'uso unificante del termine «agroalimentare» e l'abbandono del riferimento riduttivo alle politiche sancisce un percorso di modernizzazione culturale e istituzionale che va accolto con favore.
    Sul fronte strettamente produttivo in Italia l'agroalimentare vale circa il 4% del pii (2,2%, l'agricoltura e 1,7% l'industria alimentare), però contribuisce per il 9% alle esportazioni totali. Considerando l'intera filiera dal campo alla tavola, il peso dell'agroalimentare sul pii sale al 17%, ma al di là dei numeri l'agroalimentare «pesa» molto più della somma delle sue parti. Dal lato della domanda, infatti, il comparto food è di importanza centrale per i consumatori e i cittadini e, dal lato dell'offerta, il suo modo di essere e organizzarsi ha importanti effetti cumulativi sul fronte economico, territoriale, ambientale, sanitario.

    UN APPROCCIO DI SISTEMA
    Tra gli economisti l'idea di ragionare in termini di sistema agroalimentare piuttosto che di agricoltura o di industria alimentare in senso stretto è acquisita da tempo. Un tale approccio, certamente utile per l'analisi economica, lo è tanto di più per disegnare e gestire le relative politiche, che non possono non rivolgersi all'intera filiera come a un tutt'uno. Più in generale, sezionare l'economia in settori o comparti è in larga misura superato. Oggi, infatti, più che di settori (agricoltura, industria, servizi …), si parla di filiere (agroalimentare, aerospazio . . . automotive …) o, riferendosi a prodotti specifici, di «catene del valore». E di tali catene (specie nelle
    global value chains a livello internazionale) non ha molto senso isolare gli andamenti delle singole componenti, se non nel contesto della performance complessiva della catena stessa e rispetto al ruolo che esse giocano al suo interno. E anche ev1dente che l'importanza e il ruolo di un determinato segmento nella filiera o nella catena del valore – la fase agricola, la trasformazione, la logistica – possono variare molto a seconda delle questioniche si affrontano (l'import-export, la formazione dei prezzi, la qualità, l'origine…).
    La fecondità di un approccio basato sull'agroalimentare è stata evidente in occasione di Expo, dove il nostro Paese ha egregiamente sfruttato l'opportunità di presentare il made in ltaly in un contesto in cui si parlava di cibo in modo unitario, più che come somma dei pezzi di economia e di società che stanno dietro al cibo.

    NUOVE COMPETENZE
    Nel tradurre tale approccio in azione politicoistituzionale, sarà forse necessario rivisitare le competenze del nuovo Ministero insieme ai tanti attori coinvolti (altri ministeri, enti locali, agenzie pubbliche, rappresentanze degli interessi): non sarà facile, ma agendo con equilibrio e riconducendo le possibili resistenze a una dialettica costruttiva, si dimostrerà che il Ministero per l'agroalimentare italiano può essere un gioco a somma positiva. Ben venga, dunque, la modifica del nome di un
    Ministero che in un passato non lontanissimo sembrava irrilevante o persino dannoso-di cui addirittura si votò l'abrogazione -la cui importanza strategica, invece, oggi appare indiscussa. Infine, insieme alla cornice istituzionale, bisognerà rinnovare il contenuto, elaborando una politica nazionale con cui aiutare il sistema agroalimentare italiano a confermare la centralità acquisita nella nostra economia e a rafforzare la collocazione del made in ltaly nel commercio agroalimentare mondiale. Il nuovo Ministero-con il carattere «sistemico» che il suo nuovo nome giustamente rivendica-potrà mostrare nei fatti di essere il luogo e il crocevia di questa elaborazione.

    Fonte: Fabrizio De Filippis
    Università Roma Tre

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