PESCE, FRUTTA E VERDURA FONTI DI BUON UMORE

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PESCE, FRUTTA E VERDURA FONTI DI BUON UMORE20121218PESCE, FRUTTA E VERDURA FONTI DI BUON UMORE

La scienza ha dimostrato che l’alimentazione influenza il tono psicologico generale
Da sgombri, kiwi, melanzane, il miglior antidepressivo: la serotonina
Dalla depressione non si guarisce a tavola. I cibi che favoriscono la produzione della “serotonina” aiutano, però, a tenere su l’umore con determinate reazioni biochimiche. La “serotonina”, infatti, è celebre anche tra i non addetti ai lavori come “la molecola della felicità”. Studiata da neurobiologi e farmacologi dagli anni ’60 in relazione alle cause organiche della depressione, questa sostanza prodotta dai neuroni fa parte della quotidianità popolare da quando sono diventate frequenti le prescrizioni mediche dei farmaci antidepressivi per aumentarne la disponibilità nel sistema nervoso di pazienti in condizioni di avvilimento e disinteresse alla vita. Di questi farmaci – detti inibitori selettivi del riassorbimento della serotonina” (SSRI la sigla) – il più noto e utilizzato è stato il “Prozac” detto anche “pillola della felicità”. Ma per spiegare bene che cos’è la “serotonina” bisogna partire da più lontano, cioè dall’influenza della alimentazione sul tono psicologico generale di una persona e su quello che definiamo “umore”. Che l’emotività di una persona influenzi le sue scelte alimentari e viceversa è cosa nota su cui si è già scritto molto. Meno note sono le modalità (principi, meccanismi, reazioni, effetti) con le quali il cibo condiziona l’umore. Ci si avvicina infatti ad una pietanza o ad un prodotto alimentare, anche in base alle reazioni che provoca nel contesto di una “biochimica umorale”. Anche senza volerlo siamo spinti a scegliere i cibi più efficaci come antidepressivi. Queste due evidenze scientifiche sono state già dimostrate e non osa più nessuno metterle in dubbio. Seppur non in modo meccanico – cioè istantaneo, diretto, ripetibile, sempre uguale – l’umore e il “tono psicofisico generale” può quindi cambiare, persino essere guidato da quello che una persona mangia in base a reazioni biochimiche indotte dal cibo. A riguardo è stato appurato che una minore disponibiltà di “serotonina” nei neuroni può aver quali effetti momenti di rabbia o di depressione. Inoltre, da quando si è capito che l’attività dei neuroni che producono “serotonina” è legata strettamente al lavoro dei grandi muscoli ed innanzitutto a quello degli arti, si può dire che il moto (specie la corsa) sia uno stimolo alla produzione di “serotonina”, che viceversa si riduce drasticamente se l’attività fisica cessa, è troppo prolungata e si fa sfibrante. In  ogni caso, la semitotalità della “serotonina” di cui disponiamo risiede nell’addome e più esattamente nell’intestino, dove il cibo ne stimola la produzione da parte delle cosiddette “cellule enterocromaffini”, che rilasciano questa sostanza dopo l’assunzione di cibo. Come “neuromediatore del benessere”, la “serotonina” funziona come un messaggero chimico in grado di guidare la digestione e il transito intestinale, il flusso sanguigno, impressioni negative (nausea, ansia, dolore) o positive (pienezza, serenità e benessere) captate attraverso il recettore “sert” dai neuroni che governano i movimenti, o da quelli che governano le sensazioni. Per quanto sembri incredibile, in base alla duplice azione (a livelli cerebrali e intestinali) della “serotonina” gli studiosi distinguono una sede nervosa superiore guidata dal cervello e una sede nervosa bassa  guidata dagli intestini. Alcuni parlano persino di “due cervelli” raggiunti entrambi dai messaggi chimici lanciati dalla “serotonina”: uno in testa e l’altro nel ventre…
Ben prima che le università iniziassero a studiare una scienza di avanguardia come la  neurogastroenterologia – che studia i rapporti tra il sistema nervoso e quello digerente – gli antichi già ritenevano che nel cervello di chi soffriva di “ipocondria” arrivassero  umori tossici che, secreti nelle viscere addominali dei malati, inducevano ansie e stati depressivi, panico, pigrizia, disturbi alla sfera emotiva e affettiva, rabbia e mutamenti di umore, con fasi di anoressia, abulia, apatia. Ovviamente, la “teoria degli umori” ed il concetto di “ipocondria” hanno perso valore. Ma si definisce ancora “viscerale” chi ha caratteri come quelli citati e nel ruolo del “neurotrasmettitore” o “neuromediatore” della “serotonina” c’è qualcosa di simile alla trasmissione di sensazioni da parte delle viscere al cervello che gli antichi medici come Ippocrate e Galeno avevano intuito. Se la “serotonina” somiglia ad una sorta di “e-mail”, che manda al cervello messaggi ottimistici di buon umore, piacevoli sensazioni di pienezza e soddisfazione favorevoli al sonno e alla fame, quali cibi favoriscono la sintesi della cosiddetta “molecola della felicità”? In genere, la “serotonina” aumenta mangiando gli “zuccheri semplici” della frutta dolce di stagione, verdure come lattuga, radicchio, cipolla, aglio e pesce. Prima di approfondire il discorso, va detto però che basta una pillola di “Ecstasy” (droga da discoteca) per consumare tutta la “serotonina” di una persona e produrgli al risveglio mattutino nausea, ansia, paura, tristezza e abulia. Ha effetti opposti il “triptofano”, un aminoacido presente negli zuccheri, che stimola la sintesi della “serotonina” e spiega perché malinconici e depressi tendano a fare abuso dei dolci. Così facendo sbagliano, poiché l’apporto calorico aumentato dagli zuccheri accresce il peso corporeo e specie in diete già ricche di carboidrati, sale inoltre il rischio-diabete e quello di gravi forme di endocrinopatia, viene minacciato il sistema immunitario e l’attività cerebrale perde  smalto. Si può comunque assumere “triptofano” per migliorare l’umore preferendo ai dolci cibi meno calorici: ortaggi, frutta, verdura e pesce. Più precisamente, indivia ed asparagi, patate, spinaci, biete, cavolfiori, lattuga, pomodori, peperoni, lattughe, radicchio,  melanzane. Poi pure avocado, ananas, arachidi, banana, kiwi, prugne, noci, agrumi (ricchi di vitamine C e E, oltre ad avere un’azione antiossidante frenano la formazione dei radicali liberi migliorano l’umore, contrastano il declino cognitivo e la depressione). Oltre a proteggere dall’infarto e a beneficiare il sistema immunitario, anche gli acidi grassi polinsaturi del pesce (detti “Omega 3”) frenano la depressione. La Dieta mediterranea ricca di pesce, frutta, verdura, cereali è dunque preziosa anche per l’umore. Invece l’eccesso di proteine frena l’arrivo del “triptofano” nel cervello e riduce la “serotonina”. Ha un’azione più efficace e rapida il “triptofano” che viene da  zuccheri semplici (miele e frutta), più lenta se da quelli complessi (cereali). Ma senza  le vitamine B3, B6, C, il “triptofano” non si trasforma in “serotonina”. La B3 si trova in grano, orzo, legumi, pomodori, latte, formaggi, pesce, carote, patate; la B6 in latte, pesce, cereali, patate, formaggi, spinaci, fagioli, carote, la C in frutta e verdura fresca (specie agrumi, kiwi, peperoni, broccoli). In caso di problemi lievi – insonnia, ansie e stati di insicurezza – conoscere seppur vagamente gli effetti psichici della biochimica alimentare e dalla “serotonina” può essere utile a capire un giusto regime alimentare. Ma questa rivista ripeterà sempre che malattie, cure e diete vanno seguite dai medici .
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