Al CAR carciofi e ortaggi in ribasso.

In seguito all’ emergenza Coronavirus, stiamo assistendo ad un crollo vertiginoso dei prezzi di vendita di molti prodotti freschi commercializzati all’ interno del Centro Agroalimentare Roma.

Tale crollo è legato sia alla chiusura del comparto della ristorazione, sia ad un clima piuttosto favorevole alla crescita degli ortaggi.

In particolare, il prezzo di vendita del carciofo nazionale, prodotto molto apprezzato anche dalla ristorazione oggi  viene venduto in mercato a meno di 30 cent/pezzo (all’ingrosso), mentre quello sardo spunta prezzi ancora minori.

Di seguito abbiamo riportato un’interessante scheda con le carattteristiche ed alcuni consigli proprio sul carciofo.

Carciofo

Caratteristiche
Quel che si mangia del carciofo sono i capolini fiorali, ossia i futuri fiori colti prima della fioritura. Il carciofo è una pianta di origine mediterranea.

Quando si trova
La raccolta dei capolini è scalare, perciò va dalla prima decade di ottobre, per cultivar precoci, fino a giugno, per quelle tardive.

Varietà
Le varietà si distinguono in base: al capolino, facendo riferimento alla forma (allungata o tondeggiante), al colore (brattee verdi o violette), al margine delle brattee (allungate, ovoidali, rotondeggianti, con apice a punta o meno), alla grandezza od alla spinosità (varietà spinose od inermi); oppure rispetto alla precocità, precoci, medio-precoci, medio-tardive o tardive. Le varietà maggiormente diffuse in Italia sono quattro: il Catanese (capolino cilindrico, mediamente compatto, di media pezzatura, con brattee verdi sfumate di viola), lo Spinoso Sardo (capolino conico, compatto, di media pezzatura, con brattee verde-violetto), il Romanesco (compatto, con un caratteristico foro all’apice, capolino sferico di grossa pezzatura, con brattee verdi e rosso-violaceo), il Violetto di Toscana (capolino ellittico, di media pezzatura, compatto, con brattee violette esfumature verde scuro). A livello locale ci sono: il Violetto di Palermo, l’Empolese, l’Ascolana, il Bianco Tarantino, il Mazzaferrata.

Come sceglierlo e conservarlo
Deve essere sodo e senza macchie, con le punte ben chiuse, mentre il gambo deve essere duro e senza parti molli od ingiallite. Se il gambo è lungo ed ha ancora delle foglie attaccate, bisogna controllare che siano fresche, nel qual caso i carciofi si possono mettere nell’acqua come i fiori recisi, mentre per metterli in frigorifero si tolgono le foglie esterne più dure e dopo averli lavati ed asciugati si pongono in un sacchetto di plastica od un contenitore a chiusura ermetica: si conserveranno per almeno 5-6 giorni. Per congelarli, si devono prima sbollentare e solo dopo si sistemano in contenitori rigidi.

Come trattarlo
Per arrivare al cuore dei carciofi, si elimina il gambo fino a circa 4 cm dalla base, le foglie esterne e la punta. Poi si raschia la base del gambo per eliminare i filamenti e si asporta il fieno all’interno, facendo attenzione a non eliminare anche la delicata polpa chiara. Con un coltellino da cucina si tornisce la base dei fondi, procedendo come se si sbucciasse una mela, così si elimineranno del tutto eventuali parti dure.

Perché fa bene alla salute
La parte edule del capolino corrisponde al 40-50% del totale; è ricco di acqua ed ha una piccola percentuale di proteine grezze, ma un’alta di carboidrati (energetico). Il carciofo è pieno di fibre, che favoriscono la peristalsi intestinale, di vitamine, di minerali, specialmente ferro e, di inulina nel capolino, che è consigliabile per i diabetici. Stimola il fegato, fortifica il cuore, depura il sangue e disintossica, ma le donne che allattano lo devono evitare perché diminuisce la secrezione del latte.

Nel Lazio
Nel Lazio le zone meglio organizzate per la produzione sono quelle di Cerveteri-Ladispoli (Roma) e di Sezze-Priverno-Sermoneta (Latina). Le varietà prevalenti sono il “romanesco” e quella detta “Castellammare”, con frequenti ibridi. Non bisogna dimenticare il carciofo di Tarquinia o della Maremma (Viterbo).