Fonte: Il Sole 24 ore di Laura Serafini
Roma, 15 aprile 2015. Il Centro agroalimentare Roma (Car), il mega centro di vendita all'ingrosso per ortofrutta e prodotti ittici costruito su 140 ettari alla porte di Roma e al confine con Guidonia, chiude il 2014 con un bilancio record considerando la crisi, e si prepara ad una parziale privatizzazione. Il comune di Roma, che possiede il 28% circa del capitale ed è il secondo azionista dopo la Camera di commercio (33%, mentre la regione Lazio possiede il 26%, la provincia e le banche come Unicredit, Bnp Paribas Bnl e Mps circa il 2%) ha stabilito nei mesi scorsi con una delibera (che riguarda anche altre partecipate) che intende cedere la sua quota con una procedura ad evidenza pubblica.
Tra gli interessati a quella partecipazione ci sarebbero anche fondi di investimento asiatici ed arabi oltre a nomi di spicco dell'imprenditoria edile e finanziaria della Capitale. La dismissione non avrà tempi brevissimi: viene, però, decisa al termine di un lungo processo che ha portato, l'anno scorso, all'accorciamento della catena di controllo del Car. E cioè alla fusione per incorporazione della società di gestione Cargest Srl, perfezionata nel novembre scorso. Un riassetto della governance, che ora può creare le premesse non solo per un processo di privatizzazione ma, in prospettiva, anche di consolidamento delle attivita' a livello nazionale ed internazionale.
Il bilancio
L'esercizio 2014 chiude con una valore della produzione di 16,5 milioni, in aumento del 3,5% rispetto al 2013, che colloca il Car al primo posto in Italia per fatturato (e al quarto in Europa) rispetto ad altri centri analoghi. L'utile netto è più che raddoppiato, da 621mila euro a 1,4 milioni, seppure beneficiando dell'effetto di partite straordinarie per 2 milioni, contributi in conto interessi non riscattati legati alla chiusura di un vecchio mutuo agevolato rifinanziato per 12 anni, con 15 milioni, da Bcc Roma. Il risultato è stato raggiunto nonostante un aumento di costi per servizi, da un milione circa, e accantonamenti e svalutazioni per circa 800 milioni.
«Sono oneri legati alla doppia crisi che grava sul Car, quella del settore immobiliare (Car dispone di 300 mila metri quadrati di spazi locati agli operatori) e quello dei consumi alimentari - spiega il direttore generale, Fabio Massimo Pallottini -. Sui costi per servizi ha inciso invece l'aumento delle spese per la sicurezza. Il Car è come un posto di frontiera, dopo Lampedusa ci siamo noi. La pressione di stranieri, spesso irregolari, che cercano di forzare gli accessi per trovare un lavoro occasionale all'interno della struttura è sempre più forte e noi dobbiamo pagare i servizi di sorveglianza. E poi ci sono le svalutazioni per i canoni non pagati sugli spazi locati».
Le prospettive
«Il comune di Roma - spiega Pallottini - ha deciso la vendita della sua quota, ma al contempo intende valutare come conferire al Car alcune attività, come il centro carni ed il mercato dei fiori, che gli consentano di rilanciare quei servizi, ma anche di aumentare la patrimonializzazione del Centro agroalimentare» e quindi il valore della società. Il Car ha deliberato un aumento di capitale da 30 milioni, necessario per costruire un centro di lavorazioni della carne. Camera di commercio e Regione hanno già sottoscritto o deliberato l'aumento, il comune invece non ha fondi e non può diluirsi, altrimenti non avrà più una quota da vendere. Dunque, l'alternativa è la ricerca di asset da conferire. Una strada? Il passaggio al Car di alcuni mercati coperti della Capitale. «Nei prossimi giorni avremo un incontro con gli azionisti pubblici per valutare quali possono essere le prospettive su questo fronte», chiosa prudente il direttore generale.
Car è entrata di recente a far parte di Italmercati-Reti di imprese, di cui Pallottini è presidente. Questo cartello tra i cinque maggiori centri agroalimentari italiani (Roma, Milano, Torino, Napoli, Firenze) punta ad economie di scala per la riduzione dei costi (l'energia) e ad iniziative internazionali. «È uno strumento che ha una valenza imprenditoriale, per aumentare le efficienze, sostenere lo sviluppo, esportare sistemi e know how» spiega Pallottini. È possibile pensare, in futuro, ad una governance societaria comune tra i maggiori centri italiani? «A titolo personale posso dire che sicuramente consentirebbe di fare molte più sinergie e aiuterebbe lo sviluppo di queste attività».
Guidonia, 24 luglio 2015. Da oggi, il Centro Agroalimentare Roma, dedicherà di volta in volta, una news sul proprio sito, alle tante aziende che al suo interno vi operano e che contribuiscono a rendere il CAR uno dei migliori centri agroalimentari in Europa. Iniziamo questa nuova rubrica dalla SIWA, storica azienda ortofrutticola condotta dal 63enne titolare (e dal 2015 anche presidente dell’Associazione Fedagro Confcommercio Roma) Valter Arcangeli. “Ho iniziato da bambino – dichiara Valter – quando d’estate, nel lungo periodo delle vacanze scolastiche, andavo a scaricare le cassette ai mercati generali dell’Ostiense per mettere qualche soldo in tasca. Poi nel 1970 finiti gli studi ho cominciato a lavorarci stabilmente, iniziando però come “pesciarolo”. Più avanti per un caso fortuito, mi sono ritrovato a sostituire una mia conoscente che lasciava il posto in una azienda ortofrutticola. Cassiere, poi venditore e in seguito ho rilevato il 50% dell’azienda, fino a rilevarla tutta quando oramai avevo 33 anni e 10 anni di lavoro alle spalle. Specializzato sin da subito nei carciofi, ho seguito poi quello che il mercato richiedeva ampliando la gamma dei prodotti ortofrutticoli in vendita, fragole, uva, ananas e via discorrendo, ma solo di altissima qualità, stessa filosofia seguita da Cuor di Car, progetto al quale la SIWA ha aderito. Ovviamente non ho fatto tutto solo, perché a contribuire al successo aziendale, c’è mio fratello Fabrizio e mio figlio Ivano di 26 anni, al mio fianco da quando ne aveva 18. Tutto sommato, grazie al lavoro duro, fatto con serietà e creando anche solidi rapporti con fornitori e clienti, raggiungere l’elevata qualità aziendale, non è stato difficile. Il difficile è invece, mantenerla nel tempo, obiettivo questo prefissato dalla SIWA per il futuro”.
Guidonia, 3 agosto 2015. "La recente Giornata dell’Ortofrutta in Expo, con l’assenza di varie componenti del settore, ha messo in evidenza, ancora una volta, come l'ortofrutta necessiti di una rappresentanza più forte, di un riferimento di sistema per arrivare al quale tutti dovremmo impegnarci”. Lo afferma Fabio Massimo Pallottini (nella foto), presidente di Italmercati - Rete d’Imprese, l’organizzazione nazionale a cui fanno capo i Centri Agroalimentari di Roma, Milano, Torino, Firenze e Napoli.
Ma se Expo passa - avverte il presidente di Italmercati - il problema fieristico nazionale rimane. Nei prossimi mesi va affrontato perché è uno dei nodi essenziali che il settore deve sciogliere per ritrovarsi come sistema”.
Dunque i grandi Mercati italiani, attraverso il presidente della loro associazione, riaprono il dibattito sulle fiere mentre Macfrut è alla vigilia della sua prima edizione riminese e l’organizzazione della seconda edizione di Fruit innovation è sul tavolo di Fiera Milano. Pallottini chiede al Ministro dell’Agricoltura Maurizio Martina e a Carlo Calenda, viceministro allo Sviluppo Economico, l’apertura di un tavolo nazionale che provi a trovare una composizione tra gli enti fieristici "a vantaggio dell’ortofrutta italiana”.
“Il settore - afferma il presidente di Italmercati - deve fare squadra per investire su un unico grande evento a livello nazionale. E’ un’esigenza molto avvertita dagli organismi rappresentativi, dalle associazioni e dalle singole aziende per ovvii motivi, anche economici, ma c’è inoltre un’immagine Italia da trasmettere al mondo in modo più unitario.”
“Per questo - continua Pallottini - rivolgo un appello a Martina e Calenda affinché si facciano carico del problema e prendano l’iniziativa affinché l’ortofrutta italiana nel 2016 possa beneficiare di un'unica grande fiera. Il settore lo merita e ne ha necessità". "Le divisioni - conclude il presidente di Italmercati - non giovano a nessuno".
Fonte: Corriere Ortofrutticolo