Il 13 gennaio scorso Matteo Renzi ha annunciato il cambio di nome dell'attuale
«Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali», che diventa «Ministero dell'agroalimentare». La decisione è anche conseguenza della riforma Madia sulla semplificazione della Pubblica amministrazione e del già deciso assorbimento del Corpo forestale dello Stato nell'Arma dei Carabinieri. Ma l'uso unificante del termine «agroalimentare» e l'abbandono del riferimento riduttivo alle politiche sancisce un percorso di modernizzazione culturale e istituzionale che va accolto con favore.
Sul fronte strettamente produttivo in Italia l'agroalimentare vale circa il 4% del pii (2,2%, l'agricoltura e 1,7% l'industria alimentare), però contribuisce per il 9% alle esportazioni totali. Considerando l'intera filiera dal campo alla tavola, il peso dell'agroalimentare sul pii sale al 17%, ma al di là dei numeri l'agroalimentare «pesa» molto più della somma delle sue parti. Dal lato della domanda, infatti, il comparto food è di importanza centrale per i consumatori e i cittadini e, dal lato dell'offerta, il suo modo di essere e organizzarsi ha importanti effetti cumulativi sul fronte economico, territoriale, ambientale, sanitario.
UN APPROCCIO DI SISTEMA
Tra gli economisti l'idea di ragionare in termini di sistema agroalimentare piuttosto che di agricoltura o di industria alimentare in senso stretto è acquisita da tempo. Un tale approccio, certamente utile per l'analisi economica, lo è tanto di più per disegnare e gestire le relative politiche, che non possono non rivolgersi all'intera filiera come a un tutt'uno. Più in generale, sezionare l'economia in settori o comparti è in larga misura superato. Oggi, infatti, più che di settori (agricoltura, industria, servizi ...), si parla di filiere (agroalimentare, aerospazio . . . automotive ...) o, riferendosi a prodotti specifici, di «catene del valore». E di tali catene (specie nelle
global value chains a livello internazionale) non ha molto senso isolare gli andamenti delle singole componenti, se non nel contesto della performance complessiva della catena stessa e rispetto al ruolo che esse giocano al suo interno. E anche ev1dente che l'importanza e il ruolo di un determinato segmento nella filiera o nella catena del valore - la fase agricola, la trasformazione, la logistica - possono variare molto a seconda delle questioniche si affrontano (l'import-export, la formazione dei prezzi, la qualità, l'origine...).
La fecondità di un approccio basato sull'agroalimentare è stata evidente in occasione di Expo, dove il nostro Paese ha egregiamente sfruttato l'opportunità di presentare il made in ltaly in un contesto in cui si parlava di cibo in modo unitario, più che come somma dei pezzi di economia e di società che stanno dietro al cibo.
NUOVE COMPETENZE
Nel tradurre tale approccio in azione politicoistituzionale, sarà forse necessario rivisitare le competenze del nuovo Ministero insieme ai tanti attori coinvolti (altri ministeri, enti locali, agenzie pubbliche, rappresentanze degli interessi): non sarà facile, ma agendo con equilibrio e riconducendo le possibili resistenze a una dialettica costruttiva, si dimostrerà che il Ministero per l'agroalimentare italiano può essere un gioco a somma positiva. Ben venga, dunque, la modifica del nome di un
Ministero che in un passato non lontanissimo sembrava irrilevante o persino dannoso-di cui addirittura si votò l'abrogazione -la cui importanza strategica, invece, oggi appare indiscussa. Infine, insieme alla cornice istituzionale, bisognerà rinnovare il contenuto, elaborando una politica nazionale con cui aiutare il sistema agroalimentare italiano a confermare la centralità acquisita nella nostra economia e a rafforzare la collocazione del made in ltaly nel commercio agroalimentare mondiale. Il nuovo Ministero-con il carattere «sistemico» che il suo nuovo nome giustamente rivendica-potrà mostrare nei fatti di essere il luogo e il crocevia di questa elaborazione.
Fonte: Fabrizio De Filippis
Università Roma Tre
Guidonia, 12 febbraio 2016. Il livello delle commercializzazioni e dei consumi di ortofrutta presso il Mercato Ortofrutticolo del Centro Agroalimentare Roma nella settimana di riferimento è stato sotto la media. Le basse attività di vendita hanno portato delle flessioni di prezzo che hanno interessato gran parte dei prodotti, in particolare: arance Tarocco, fragole, uva da tavola, carciofi romaneschi, zucchine romanesche e pomodori Piccadilly.
Nel comparto degli agrumi si rilevano flessioni di prezzo per le arance Tarocco e Navelina presenti in grande quantità rispettivamente 0,40-0,70 €/kg e 0,60-0,65 €/kg mentre i limoni primo fiore Sicilia rincarano a 1,00-1,20 €/kg.
Per quanto riguarda la frutta le fragole spagnole , presenti in grandi quantità subiscono una flessione di circa 0,20 €/kg scendendo a 1,30-1,50 €/kg, l’uva da tavola rosa ta Red Globe peruviana scende a 2,20-2,60 €/kg. Tra i prodotti secchi si rilevano aumenti di prezzo per le albicocche secche 5,00-6,50 €/kg, arachid i 6,50-7,00 €/kg ed i fagioli secchi borlotti 5,50-6,50 €/kg.
Nel comparto degli ortaggi si registrano flessioni di prezzo fino a 0,20 €/cad per il carciofo romanesco 0,40-0,60 €/cad e romanesco apollo 0,40-0,50 €/cad presenti in grandi quantità , la bietola da costa scende a 0,50-0,70 €/kg . Si rileva solo per i pomodori piccadilly un calo di prezzo di 0,10 €/kg arrivando a circa 0,70-1,20 €/kg, mentre le altre varie tà di pomodoro hanno segnato rialzi anche di 0,50 €/kg tipo i costoluti Merinda che salgono a 2,00-3,00 €/kg. Ulteriori ribassi di prezzi hanno interessato le melanzane 0,80-0,90 €/kg e le zucchine romanesche 2,00-2,50 €/kg.
Guidonia, 9 febbraio 2016. Solidarietà all’Unione dei Mercati dell’Ucraina WMAP per le gravi difficoltà incontrate durante la crisi russo-ucraina del 2014-15 è stata espressa dal presidente di Italmercati Fabio Massimo Pallottini al fondatore e coordinatore dell’Unione Roman Fedyshyn. Pallottini e Fedyshyn si sono incontrati allo stand Italmercati di Fruit Logistica a Berlino, presente anche Oleksii Chumak, direttore del Mercato della capitale ucraina Kiev, per gettare le basi di una possibile collaborazione tesa a uno scambio di informazioni, know-how ed iniziative atte anche a favorire gli scambi commerciali tra le imprese operanti nei Mercati dei due Paesi.
Fino al 2013 il commercio ortofrutticolo aveva conosciuto in Ucraina un vero e proprio boom, con crescenti flussi di import da diversi Paesi tra cui l’Italia e di export di prodotti ucraini verso alcuni mercati dell’Est e verso la Russia in particolare. Sull’onda di questa crescita era nata e si era sviluppata WMAP (Wholesale Market of Agricultural Products – Chain of Ukraine) a partire dallo storico mercato all’ingrosso ‘Shuvar’ di Lviv (Leopoli). Grazie a finanziamenti pubblici e privati, WMAP aveva lanciato un Piano Mercati in grado di dare una svolta decisiva al sistema del commercio all’ingrosso e aveva realizzato in pochi anni i nuovi mercati “Stolychnyy” nella capitale Kiev e “Gospodar” a Donetsk e stava realizzando altri due mercati, l’ “Hectare” di Odessa, il grande porto sul Mar Nero, e lo “Sichovyi” di Zaporizhya, una città del sud-est tra Donetsk e la Crimea. Tra il 2012 e il 2013 c’erano stati contatti significativi tra Mercati ucraini e alcuni Mercati italiani. Il conflitto scaturito dai fatti di Crimea del febbraio-marzo 2014 ha bloccato lo sviluppo e creato pesanti problemi. Nel nord-est del Paese, Donetsk è diventata roccaforte filorussa e i rapporti con WMAP sono stati interrotti. Oggi WMAP intende ripartire dai Mercati di Lviv e Kiev e si è presentata a Berlino per aprire nuove relazioni internazionali.
Fedyshyn ha in particolare illustrato a Pallottini l’attività del Mercato di Lviv, della cui società di gestione è il presidente. Lviv (750 mila abitanti) è il capoluogo della regione più occidentale dell’Ucraina, la più vicina alla storia d’Europa (per 420 anni è stata annessa alla Polonia, per 142 ha fatto parte dell’impero asburgico) e sorge a 70 chilometri dal confine con la Polonia, a 230 dal confine con la Slovacchia e a circa 250 da quello con l’Ungheria a cui è collegata attraverso l’importante varco di frontiera di Chop che è a circa 12 ore di camion da Trieste via autostrada. Dal Mercato di Lviv è transitato nel 2015 il 23% delle vendite regionali di ortofrutta (con un trend in aumento), il 22% delle vendite di carni, il 7% delle vendite di pesce. Nello stesso anno sono state vendute 163 mila tonnellate di ortaggi e 42 mila tonnellate di frutta e sono transitati dal Mercato circa 30 mila camion di cui 4.000 sopra le 10 mila tonnellate. Il Mercato – ha spiegato ancora Fedyshyn – sta collaborando con le catene della GDO per la fornitura di ortofrutta confezionata e dal 2013, con i suoi servizi, è di supporto all’export di ortofrutta dei produttori di Lviv. I principali prodotti esportati sono cipolle e patate e i Paesi di destinazione sono Uzbekistan, Croazia, Serbia, Repubblica Ceca e, dal 2015, anche la Spagna.
Nelle statistiche internazionali, l’Ucraina importa quasi tutti i generi di frutta e verdura mentre produce soprattutto carote, patate, cipolle, pomodori, cetrioli e mele, ortaggi in serra. Nel 2012 era tra i primi 4 fornitori di mele della Russia, precedendo l’Italia. Secondo l’agenzia Fruit-Inform, nel 2011 l’Ucraina era diventata il maggiore produttore di carote in Europa, avendo surclassato per la prima volta la Polonia, e il secondo produttore continentale di cipolle alle spalle dell’Olanda. Nonostante ciò, il Paese non era in grado di esportare carote verso l’Europa.
Roman Fedyshyn ha esplicitamente chiesto al presidente Pallottini di considerare la possibilità di stendere un ‘Memorandum of Understanding’ tra WMAP e Italmercati per gettare le basi di una collaborazione con ricadute anche commerciali. Il mercato di Lviv, tradizionale porta del commercio ortofrutticolo in Ucraina, è in particolare interessato a maggiori flussi commerciali dall’Italia e per l’Italia, dopo aver avviato proficui rapporti con la Spagna. “Non lasceremo cadere questa opportunità – ha affermato al termine dell’incontro Fabio Massimo Pallottini – prima di aver approfondito le reali possibilità di collaborazione. Per questo invieremo presto una comunicazione al presidente Fedyshyn chiedendo informazioni più dettagliate sui punti che maggiormente ci possono interessare. Abbiamo il dovere di porre attenzione all’Ucraina non solo perché è un mercato con buone potenzialità ma anche per le difficoltà che ha attraversato”.
DIDA. Brindisi tra il presidente di Italmercati Fabio Massimo Pallottini, il consigliere Ottavio Guala, il presidente dell’Unione Mercati dell’Ucraina Roman Fedyshyn e il direttore del Mercato di Kiev, Oleksii Chumak, a conclusione dei colloqui allo stand Italmercati di Fruit Logistica
Guidonia, 2 febbraio 2016. Le contrattazioni del Mercato Ittico del Centro Agroalimentare Roma, questa settimana, sono state caratterizzate da una buona domanda. I prezzi hanno presentato una sostanziale stabilità, registrando comunque lievi flessioni per alcuni prodotti ed in particolare del comparto pescato fresco.
Infatti i crostacei ed i molluschi bivalvi non hanno mo strato particolari variazioni dei prezzi rispetto alla scorsa settimana tranne per il gambero rosa che è rincarato di 1,00-2,00 €/kg per il prodotto del tirreno 12,00-14,00 €/kg e fino a 5,00 €/kg per quello del mediterraneo 10,00 €/kg. Non si è rilevata la presenza in mercato di gamberi rossi, mazzancolle, pannocchie e scampi.
Per quanto riguarda i molluschi cefalopodi, si è verificata una diminuzione di prezzo di circa 2,00 €/kg per il calamaro proveniente dal Tirreno presente in grandi quantità, arrivando a costare circa 20,00 €/kg.
Nel comparto dei pesci le acciughe del Tirreno hanno regis trato un rialzo di prezzo fino a 2,00 €/kg , essendo presenti in poche quantità. Altri aumenti di prezzo hanno interessato anche la fri ttura mista che si è attestata intorno ai 8,00-9,00 €/kg ed il pesce spada del Mediterraneo che sa le a 13,00 €/kg.
In controtendenza il nasello dell’Adriatico ha mostrato un calo di prezzo di circa 1,00 €/kg portandosi sui 7,00 €/kg, il cappone o gallinella arriva a 7,00-12,00 €/kg , il pesce San Pietro presente in grandi quan tità scende a 14,50-16,50 €/kg. Ulteriori ribassi di prezzo hanno interessato anche lo scorfano c he scende a 15,00 €/kg e le triglie di scoglio spagnole si assestano intorno ai 10,00-12,00 €/kg.
Il comparto dell’allevato che quello del congelato, sono stati interessati dalla stabilità dei prezzi, che si sono attestati sugli stessi livelli della scorsa settimana.