Mancano ormai pochi giorni all’apertura del Congresso Mondiale del WUWM – “World Union of Wholesale Markets” – Unione Mondiale dei Mercati Agroalimentari all’Ingrosso di cui avete più volte letto in questi giorni.
I ritmi di lavoro per la squadra in questi mesi sono stati da “finale di coppa”, per non deludere le centinaia di delegati che da tutto il mondo verranno a questa tre giorni romana.Nulla è stato lasciato al caso, dai programmi delle assise ai momenti di svago (pochi a dire il vero) per consentire a chi si trova a Roma per la prima volta di vedere quanto sia unica nel suo splendore.
Il tema principale della Plenary che si svolgerà con ed alla FAO il 18 maggio (a partire dalle ore 9.00) è più che altro una sfida ““The fresh way to feed the planet” – La via del fresco per nutrire il pianeta”.
Una sfida che vogliamo lanciare a gran voce perché siamo convinti che i dibattiti che attengono al comparto agroalimentare abbiano, per motivi diversi e mai stigmatizzabili, tempi indifferibili. Uno tra i 17 nuovi Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile annunciati dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, circa l’adozione della nuova Agenda universale post 2015, annovera l’impegno “a creare nuovi percorsi per i Sistemi di nutrizione, agricoltura e alimentazione”. Si tratta dell’Obiettivo di Sviluppo Sostenibile (SDGs) n.2 “FAME ZERO: porre fine alla fame, raggiungere la sicurezza alimentare, migliorare la nutrizione e promuovere un’agricoltura sostenibile”.
Tra i primi ed i secondi la Conferenza Internazionale sulla Nutrizione, tenutasi nel 2014, ha chiarito, gli impegni e le modalità di azione dei circa 170 Paesi membri. Emerge qui la preoccupazione per un sistema di lavorazione, distribuzione e commercializzazione che manca ancora di efficienza poiché risulta carente la “disponibilità e l’accessibilità a varie categorie alimentari”.
Si constata la stretta pertinenza del SDG2 con il SDG12 volto a garantire modelli sostenibili di produzione e di consumo. In questo obiettivo è posto il traguardo “entro il 2030 di dimezzare lo spreco alimentare globale pro-capite a livello di vendita al dettaglio e dei consumatori e ridurre le perdite di cibo durante le catene di produzione e di fornitura, comprese le perdite del post – raccolto”.
Il rimando è al capitolo sul “Pianeta” poiché l’impegno è profuso a “proteggere il pianeta dalla degradazione, attraverso un consumo ed una produzione consapevoli […] adottando misure urgenti riguardo il cambiamento climatico …”.
Anche se la limitatezza delle risorse con cui andrebbero perseguiti rende a volte i “goals” antagonisti tra loro, il rapporto tra questi due non è certo in contraddizione.
La prospettiva contemporanea impone improcrastinabili linee di sviluppo economico integrative: le cosiddette “supply chain”.
Vi sono le premesse affinché possano qui essere adottate tutte quelle misure e gli strumenti atti a “garantire il corretto funzionamento dei mercati delle materie prime alimentari e loro derivati e facilitare l’accesso rapido alle informazioni di mercato, incluse le riserve di cibo, al fine di contribuire a limitare l’instabilità estrema dei prezzi e dei beni alimentari”.
Nel merito della finanziarizzazione dei prezzi agricoli e del fenomeno meglio descritto come commodity future vale un’ultima peculiare riflessione su quanto sia importante adottare – specie nei grandi Ortomercati – una politica di best practices in tema di formazione del prezzo, quale risposta ai tentativi di distorsione messi in atto in particolari condizioni, come ad esempio quelle legate al clima od ai flussi di produzione, stante che “in un mondo interconnesso e profondamente diseguale, quello che succede ai prezzi dei prodotti alimentari fa una grande differenza nella vita quotidiana di migliaia di persone”.
Da un punto di vista critico si ritiene che molto vi sia ancora da fare per definire “a regime” la raccolta dell’invenduto fresco nei Centri Agroalimentari. Occorre infatti monitorare costantemente le prestazioni e migliorare l’efficienza. Si tratta certo di un “work in progress” di cui, con apprensione, si resta di conoscere gli esiti. Certamente la sfida comprenderà non solo di contribuire a sfamare gli indigenti, ma anche di supplire alla loro malnutrizione.
Con la definizione dei “marchi di qualità” secondo i protocolli stabiliti dal MIPAF, queste strutture possono anche garantire sicurezza alla filiera, altresì attuando politiche di salvaguardia della produttività agricola, che resta uno degli indotti di pregio dell’intera catena ortofrutticola.
La complessità e l’interdipendenza tra povertà, la disuguaglianza e l’insicurezza alimentare sono chiaramente riconosciuto – almeno in linea di principio – nella corrente internazionale la discussione si diresse verso la definizione del post-2015 Agenda. Tra il 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile in discussione, il primo e il secondo relazionarsi con la povertà e la fame. Obiettivo 1. si intitola “porre fine alla povertà in tutte le sue forme ovunque”, e Obiettivo 2 si intitola“porre fine alla fame, raggiungere la sicurezza alimentare. Inizio modulo
L’aspetto positivo che può già essere colto sta tuttavia già oggi nella sopraggiunta matura consapevolezza che queste enormi piattaforme possono rappresentare un anello importante della catena, non da meno a causa dei grandi numeri che vi insistono.
UFFICIO SVILUPPO