Il broccolo romanesco è una varietà di cavolo broccolo (Brassica oleracea var. italica). I broccoli rientrano nel gruppo di piante di cui non vengono mangiate le foglie bensì le infiorescenze non ancora mature. In particolare quello romanesco assomiglia ad un cavolfiore, ma è verde chiaro, ha una forma piramidale e tante piccole rosette, disposte a spirale, che riproducono la forma principale e si ripetono con regolarità. Ogni rosetta è composta da numerose rosette più piccole, rendendo la forma del broccolo romanesco simile ad un frattale.
Conosciuto fin dall’antichità, il broccolo, il cui nome deriva da “brocco” ovvero il germoglio, è originario dell’Asia Minore. Questo ortaggio era considerato sacro dai Greci, i Romani lo utilizzavano per curare le più svariate malattie e lo mangiavano crudo, prima dei banchetti, per aiutare l’organismo ad assorbire meglio l’alcool, mentre con le foglie pestate medicavano ulcerazioni e ferite.
La coltivazione del broccolo romanesco nella Lazio risale a tempi antichi: sono infatti numerose le documentazioni bibliografiche che testimoniano la storia di questa coltura. Il broccolo romanesco, ottenuto dall’isolamento di popolazioni locali di cavolfiore nella metà del 1800, è stato fonte di ispirazione di diverse scritture: nel 1834 Giuseppe Gioacchino Belli nel suo sonetto “Er Testamento Der Pasqualino” definisce l’ortolano “Tozzetto” (torso del broccolo), così definito perché coltivava e vendeva i broccoli romaneschi. Riferimenti storici della coltivazione e della vendita del broccolo romanesco sono stati rinvenuti in antichi libretti colonici, nei quali è riportato l’importo ricavato dalla vendita di broccoli romaneschi.
Come sceglierlo e conservarlo
Al momento dell’acquisto, il broccolo romanesco si deve presentare chiuso, ben compatto e dal cuore molto vivo; le foglie devono presentarsi di un bel colore verde e i gambi devono essere croccanti ed aderenti alla terra che a sua volta deve essere grossa e piena di macchie scure. Evitare di acquistare broccoli che si presentano con le cime fiorite oppure con il torso di colore violaceo, dovuto a repentine gelate. Il broccolo romanesco è un prodotto molto deperibile: infatti le foglie si appassiscono dopo pochi giorni, le cime fioriscono diventando gialle e lo stelo si indurisce; è bene quindi consumarlo appena acquistato o al massimo dopo 3-4 giorni conservandolo nel reparto verdure del frigorifero. Può essere anche congelato dopo passaggio in acqua bollente per 5 minuti.
L’uso in cucina del broccolo romanesco non è marginale rispetto al suo uso terapeutico. I modi di cottura sono due: o si fa lessare in acqua bollente e salata oppure viene cotto direttamente nei condimenti destinati a insaporirlo.
Il broccolo romanesco può essere quindi consumato “all’agro”, cioè condito a freddo con olio e limone, oppure “ripassato” in padella con olio, aglio e peperoncino. Nella tradizione romana, viene utilizzato nella preparazione della rinomata “pasta e broccoli al brodo di arzilla”. Per pulirlo basta eliminare le foglie e staccare le cimette dal torsolo e poi lavarlo accuratamente sotto acqua corrente.
Curiosità
Il broccolo romanesco è un ortaggio talmente diffuso nella campagna romana che, nell’area di produzione, viene semplicemente identificato con il termine “broccolo”.
Nel comune di Albano Laziale esiste, poi, una varietà di broccolo romanesco dall’infiorescenza più grossa denominata “broccolo di Albano” o “broccolo capoccione”.
Oltre gli utilizzi culinari tradizionali, il succo di broccolo romanesco è utilizzato per vari usi terapeutici: antianemico, emolliente, diuretico, cicatrizzante, depurativo, vermifugo ed antistaminico.
Secondo degli studi effettuati dall’Università della California, il broccolo può aiutare ad invecchiare meglio: infatti, il sulforafano, sostanza contenuta nei broccoli, fa sì che vengano inibiti i geni responsabili dell’invecchiamento delle cellule.