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Ortofrutta 25 marzo 2016

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Dalla rapa rossa, un concetrato antiossidanti e benessere

Dalla rapa rossa, un concetrato antiossidanti e benesserearticolo20160302Dalla rapa rossa, un concetrato di antiossidanti e benessereRapa_Rossa

Guidonia, 2 marzo 2016. La barbabietola rossa o rapa rossa appartiene alla specie beta vulgaris, e ne esistono diverse varietà, da orto, da foraggio, destinate all'alimentazione del bestiame o quelle da zucchero. Dato che si tratta di un prodotto coltivato e diffuso su tutto il territorio nazionale (generalmente raccolta in estate tra giugno e fine agosto), in ogni regione viene nominata in maniera differente, quindi non è difficile sentirla chiamare carota rossa, barba rossa o con altri nomi tipici dialettali. Comunque la si voglia chiamare, la barbabietola rossa, è facilmente riconoscibile. La sua forma tondeggiante con una piccola radichetta rossa, ma soprattutto il suo inconfondibile colore rosso (più o meno intenso, tendente al viola o anche al bianco) dovuto alla betanina.

Tra le varietà di rapa rossa più conosciute e coltivate, ci sono la barbabietola Nera piatta egiziana, caratterizzata da un colore molto scuro, la varietà Detroit, molto diffusa negli Usa, la varietà tonda di Chioggia, originaria dell’Italia e nota perché presenta, una volta tagliata, anelli bianchi e rossi.

Lo sviluppo delle colture di barbabietola è strettamente legato alla scoperta dello zucchero che se ne può estrarre.
Nel XVII secolo l'agronomo francese Olivier de Serres annotò che la barbabietola cotta produce un succo simile allo sciroppo di zucchero, ma questa affermazione non ebbe seguito.
Finalmente nel 1747 il chimico prussiano Andreas Sigismund Marggraf dimostrò che i cristalli dal sapore dolce ricavati dal succo di barbabietola erano gli stessi che si ottenevano dalla canna da zucchero, ma non andò oltre. Fu un suo allievo, Franz Karl Achard, che cominciò a produrre commercialmente lo zucchero, aprendo una prima fabbrica nel 1801 a Cunern, nella Bassa Slesia (al tempo regione prussiana, oggi in Polonia).

Ai primi dell'Ottocento, comunque, lo zucchero di canna era ancora diffusissimo. Ma le guerre napoleoniche, con il blocco dell'importazione dello zucchero di canna (1806), fecero sì che la sperimentazione sulle barbabietole procedesse più speditamente, finché nel 1811 alcuni scienziati francesi mostrarono a Napoleone dei panetti di zucchero estratto da barbabietola: l'imperatore ne ordinò la coltivazione (su ben 320 km² di terreno) e, grazie anche all'intervento del finanziere ed imprenditore Benjamin Delessert, che aprì in Francia il primo stabilimento ove si estraeva lo zucchero dalla barbabietola con il metodo di Achard opportunamente perfezionato, nel giro di pochi anni sorsero più di 300 fabbriche di zucchero da barbabietola in tutta Europa.

Oggi l'Europa coltiva 120 milioni di tonnellate di barbabietole e produce 16 milioni di tonnellate di zucchero bianco; la Francia e la Germania sono i maggiori produttori ma, eccettuato il Lussemburgo, tutti i paesi dell'Unione europea estraggono zucchero dalle barbabietole in quantità tale da soddisfare il 90% del fabbisogno.

In Italia la barbabietola viene coltivata dalla fine del XVII secolo, specialmente nella valle padana e nelle province di Ferrara e di Rovigo.

La rapa rossa si può mangiare sia cruda (in insalata con olio e limone) sia cotta (lessata, saltata in padella o cotta in forno). In genere, in commercio nei supermercati, è facile reperire delle confezioni sottovuoto di rape rosse semicotte. Se si dovesse optare per l’acquisto del prodotto fresco, si deve fare attenzione nel scegliere una radice soda e non troppo grande. In frigorifero si può conservare a lungo, da alcuni giorni a svariate settimane. Si può conservare anche congelandola, ma solo dopo averla fatta bollire per qualche minuto.

Come quasi per tutti gli ortaggi e le verdure in genere, la rapa rossa da cruda mantiene più sostanze nutritive, e può essere consumata dopo essere stata affettata o grattugiata.

Proprietà salutari
Tutti i tipi di barbabietola hanno proprietà antiossidanti e inoltre è ricca di zuccheri, sali minerali e vitamine ed altre sostanze utili. Per di più alla barbabietola si attribuiscono proprietà dietetiche (una rapa rossa è costituita all’incirca per il 91 per cento da acqua, e contiene 20 kcal e 84 kj per etto) e salutari: assorbe le tossine dalle cellule e ne facilita l'eliminazione, è depurativa, mineralizzante, antisettica, ricostituente, favorisce la digestione, stimola la produzione di bile e rafforza la mucosa gastrica, cura le anemie, le infezioni del sistema cerebrale, stimola la produzione dei globuli rossi, scioglie i depositi di calcio nei vasi sanguigni e ne impedisce l'indurimento, infine stimola il sistema linfatico.

È necessario ricordare però che il ferro vegetale è di più difficile assimilazione di quello animale, ed è utile consumare i vegetali che contengono ferro insieme a succo di limone, che ne facilita l’assimilazione. Le controindicazioni riguardano chi soffre di gastrite; inoltre contiene zuccheri, per cui chi soffre di diabete dovrebbe valutarne l’opportunità di assunzione. Attenzione anche alla presenza di calcio, per chi ha problemi di calcoli renali.

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Ittico 22 marzo 2016

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Ortofrutta 20 marzo 2016

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Saper acquistare il pesce giusto per non incorrere in spiacevoli sorprese.

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Guidonia, 19 maggio 2016. La Repubblica ha pubblicato un interessantissimo articolo su che quali tipi di pesce consumare e perché. Oltre ai normali consigli sul consumo e sugli apporti benefici sul corpo umano di proteine e di acidi grassi omega 3, si invita a fare attenzione a che tipo di pesce acquistare. Si, perché non tutti i pesci sono uguali. Infatti l'Aha, l'associazione dei cardiologi americani (American Heart Association) raccomanda di consumare soprattutto i più grassi, come salmone, sgombro, aringa, trota, sardine e tonnetti, mettendo in guardia da quelli di grandi dimensioni, come tonno, pescespada, squalo (smeriglio, mako, verdesca, canesca), per il rischio di residui di mercurio, diossina, e altri contaminanti ambientali. Come se non bastassero i metalli pesanti, il settore è scosso da una serie di furberie, truffe e frodi che fanno disperare i produttori onesti e annichiliscono i consumatori, magari non esperti, che tremano ogni volta che si ritrovano a dover scegliere il pesce. E che, per questo, secondo il rapporto lsmea sui consumi, ricorrono sempre più alla grande distribuzione, dove si sentono forse più tutelati. Sempre più spesso, infatti, anche a causa delle richieste insensate dei consumatori, ci si può trovare di fronte a imbrogli e frodi: tonno in cui il colore è stato esaltato con monossido di carbonio (vietato), filetti di pesce o anche cefalopodi (polpi, calamari, totani) trattati con polifosfati che trattengono l'acqua e dunque pesano di più. Salvo poi "sgonfiarsi" durante la cottura. O solfiti aggiunti ai gamberi per non far annerire la testa. L'ultimo caso che ha provocato proteste tra gli addetti ai lavori, una petizione di Eurofishmarket e un'interrogazione alla Commissione Europea è quello dello sbiancamento con acqua ossigenata (che già si usa per la trippa) per seppie, calamari, totani e polpi. Perché il consumatore vuole vederli bianchi candidi. Fino a pochi mesi fa l'utilizzo di acqua ossigenata era vietato, una circolare di due mesi fa del ministero della Salute ha invece reso la pratica legale. Un paradosso per più ragioni: la percentuale massima autorizzata di acqua ossigenata è dell’8 per cento, ma non c'è alcuno strumento che riesca a rilevarla. E inoltre non c'è obbligo di dichiararla. Quindi un danno per i produttori che decidono di non ricorrere al maquillage, ma anche per i consumatori, che non sanno se il prodotto che acquistano è trattato oppure no. «L'acqua ossigenata si utilizza per polpi, calamari, seppie e totani - premette Valentina Tepedino, veterinaria specializzata in prodotti ittici e direttrice di Eurofishmarket - ma sappiamo che si usa anche su pesci interi, poiché dà una colorazione più lucente in quelli con livrea argentea e cancella un po' anche l'odore. Quindi migliora l'aspetto, e attrae il consumatore meno esperto. Il fatto che non sia rilevabile da nessun laboratorio però è una presa in giro per i produttori che decidono di non usare espedienti. E peri consumatori, che non hanno modo di saperlo. Inoltre, non ci sono ricerche che dimostrino il non impatto di questo trattamento». Ma l'acqua ossigenata non è l'unico sistema truffaldino per cambiare aspetto o peso del pesce. Il monossido di carbonio, per esempio, si usa per mantenere e aumentare il colore. «Si utilizza soprattutto per pesce spada e tonno perché dà un rosso vivo anche con minime dosi - continua Tepedino - non è tossico, ma non è neanche legale. E non viene più cercato. Purtroppo siamo invasi da prodotti di qualità scarsissima, decongelati e ipertrattati. E se non c'è ordine, sul mercato vincono i peggiori». Tra i peggiori ci sono anche i trattamenti con i polifosfati, che trattengono l'acqua, aumentando il peso anche del 20 per cento. «Si usa soprattutto sui filetti di pesce - racconta l'esperta - ma l'abbiamo rilevato nei cefalopodi, dove l'aumento di peso arriva anche al 50 per cento, nelle sogliole e persino in pesci scadenti come il pangasio. Purtroppo il consumatore non ha modo di saperlo, se non cuocendo il pesce, perché se ne ritrova la metà». E racconta della fiera di Bruxelles, la più grande in Europa, dove i produttori orientali forniscono le schede dei prodotti in vendita con prezzi che diminuiscono all'aumentare degli additivi utilizzati. O delle glassature per i prodotti congelati. «Già il 10 per cento è sufficiente a proteggere dalle scottature del freddo - conclude Tepedino - ma alcune arrivano al 60 e perfino al 70 per cento. L'Italia è uno dei paesi più controllati per la salute, ma per la frode commerciale siamo molto arretrati e mancano le metodiche di controllo. Eppure non sono meno importanti».

Fonte: La Repubblica - ELVIRA NASELLI

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